mercoledì 23 gennaio 2008

Ciao Roberto

Mi sarebbe piaciuto inaugurare la "sezione" People del mio blog in ben altro modo.
Questa mattina è venuto a mancare, a causa di una malattia che lo affliggeva da tempo, Roberto Patrignani, Appassionato giornalista-motociclista che ha lavorato in passato per molte aziende del settore e che da più di 20 anni collaborava per la testata Motosprint con il suo famoso "Resti tra noi". Uno dei suoi libri più famosi è "Ti porterò a Bray Hill" una di quelle opere che non dovrebbe mancare nella biblioteca di un Motociclista. Consiglio vivamente di leggerlo.
Per me se ne va una Fonte Autorevolissima del settore e dico senza remore che Motosprint, con il quale sono praticamente cresciuto, non sarà più lo stesso.
Ciao Roberto, mi mancherai.

In rete ho trovato questo suo pezzo, è un pò lungo ma fermatevi a leggerlo:

Andare in moto e raggiungere il Nirvana

Questi appunti li avevo scritti anni fà, quando l’autunno era l’autunno. Prima insomma che il mutamento del clima aggrovigliasse tutto.
Si trattava di un ingenuo modo di concepire l’andare in motocicletta: spensierato, leggiadro, quasi autoipnotico per illudersi che il meraviglioso fenomeno dell’equilibrio e dell’avanzare fosse il prodotto del tuo stesso essere piuttosto che la spinta di un motore a scoppio. Provo a riprodurre la formuletta a dispetto degli indurimenti degli animi, perchè in questo periodo la stagione sarebbe ideale per ritentare l’illusione. Rilassiamoci, socchiudiamo gli occhi e pensiamo soltanto al volo rasoterra, elegante ma pieno di dinamismo, della rondine prima di un temporale. Bisognerebbe ogni tanto riuscire a guidare la moto nello stesso modo, lasciandosi andare così, liberi e fiduciosi da convincerci che anche il corpo non ha più peso, anzi che i suoi umori, la sua molle meccanica, le sue complesse centrali, sono per una volta a riposo, con le sole spie accese a segnalare che il contatto vitale è inserito. Eliminato il corpo, la fase successiva consiste nel fare altrettanto con la motocicletta, sino ad illudersi che è soltanto lo spirito a librarsi nell’aria tiepida di una radiosa mattina, leggero e felice di esistere sulla palla di terra che abitiamo. Per arrivare alle soglie di questo Nirvana che schiude le porte verso il vagare al di fuori del tempo, occorre una predisposizione d’animo, uno stato di grazia che è possibile ricreare disponendo degli elementi adatti. L’inizio può essere banale: un qualsiasi viaggio solitario. Più importanti gli altri ingedienti della formula. Occorre una meta finale che evochi qualcosa di gradevole, una giornata piena di sole, un abbigliamento non costrittivo, una strada alberata con scarsissimo traffico che si percorre per la prima volta. In quanto alla moto deve essere silenziosa, facile; anche uno scooter od un ciclomotore. Create le premesse, arriva la fase più difficile: stabilire una specie di autoipnosi che crei il miraggio di galleggiare nell’aria come un fuoco fatuo, senza escludere del tutto i sensi perchè possano captare i profumi dell’aria, percepire il tepore, vedere i colori della boscaglia e dei campi, udire la voce amica e sommessa della motocicletta che, responsabile ed intelligente, si orienta istintivamente, senza fatica, lungo la traccia che si srotola dinnanzi alle ruote. Talvolta si sente il bisogno di un “ritiro spirituale”. Però rimanere completamente soli con se stessi, nel silenzio, nel più assoluto isolamento, è una disciplina che pochi hanno la forza morale di affrontare e sopportare. E’ sicuramente più digeribile un ritiro dinamico, senza spezzare il legame con la vita d’azione, le persone, le necessità della vita quotidiana. Vagando in motocicletta senza problemi, si ottiene il miracoloso risultato di estraniarsi dalla maggior parte delle cose che ci affliggono, senza subire quel cumulo di apprensioni che il vero isolamento porta con sè, poichè sappiamo che, per interrompere il nostro “digiuno nel deserto”, basterà chiudere il gas e mettere i piedi a terra. La libertà è li che ci attende ad un filo di gas. E libertà vuol dire un grosso serbatoio per fermarsi poche volte e rifornirlo, vuol dire anche mangiare al sacco o sostare in una quieta osteria lungo la strada, vuol dire sdraiarsi in un prato all’ombra quando si è stanchi, o esplorare territori mai visti senza curarsi di dove si andrà a finire. Libertà vuol dire anche fare improvvisamente rotta verso casa se tutto questo romanticismo ci ha stufato. Rileggendo oggi questo surreale elogio del dolce far niente, abusando del buon carattere che ogni motocilcetta dimostra su richiesta del compagno, devo aggiungere un appunto. Deliziatevi di questo svago solo raramente, altrimenti vi rammollirete, voi e la moto. La cura è semplice. Una bella tirata liberatoria nel posto adatto. Ma non dite che l'ho scritto io.

Roberto Patrignani.

1 commento:

toofastforu ha detto...

ciao Roberto...grazie per le emozioni che sei stato capace di trasmetterci attraverso le tue parole... un lampeggio

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